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martedì 9 giugno 2020

La visione di Costantino

Vega centrale, costellazioni
Cigno, Aquila e Capricorno.
Sfondo collage di immagini
di Roberto Mura - Opera
propria CC BY-SA 3.0, da
QUIQUI e QUI.
Durante la notte dell'8 giugno 2020, intorno alle 2, osservavo il cielo verso sud e per quanto ci fossero banchi di nubi che lo attraversassero, la luna quasi piena si faceva vedere e di fianco ad essa, alla sinistra, Giove (vicinissimo a Plutone, anche se non era visibile) e Saturno. A ben guardare, visto che sopra si vedevano le costellazioni dell'Aquila e più in alto del Cigno, quegli astri erano poco sopra la costellazione del Capricorno. Si è trattato di un evento abbastanza raro, 4 astri in pochi gradi nel Capricorno, e mi è venuta in mente la visione di Costantino prima che diventasse dominus unico dell'Impero Romano.

L'Illirico ai tempi di Costantino, da:
https://it.m.wikipedia.org/wiki/File:
Roman_Empire_with_provinces
_in_210_AD.png
Nel 312, l'illirico Costantino, che oggi definiremmo serbo (Naissus, l'odierna Niš, in Serbia, 27 febbraio 274 - Nicomedia, 22 maggio 337), riunito un grande esercito formato anche da barbari catturati in guerra, oltre a germani e popolazioni celtiche provenienti dalla Britannia, mosse alla volta dell'Italia attraverso le Alpi, forte di 90.000 fanti e 8.000 cavalieri (25.000 complessivi invece per E. Horst), determinato a spodestare l'usurpatore Massenzio, che a Roma si era proclamato Augusto, mentre il Cesare d'Occidente e futuro Augusto era lui stesso. Lungo la strada, Costantino, lasciava intatte tutte le città che gli aprissero le porte (come Mediolanum) ma al contrario, assediava tutte quelle che non si arrendevano immediatamente ed evitava, ove possibile, di distruggerle, per raccoglierne il loro consenso una volta vinte, come avvenne infatti sia a Susa che a Torino. Al contrario, Massenzio assediava e distruggeva le città che si opponessero alla sua avanzata. Dopo aver sconfitto due volte consecutive le armate di Massenzio, prima presso Torino e poi presso Brescia, Costantino pose sotto assedio Verona, dove riuscì a sottomettere la città ed a battere le forze di Massenzio, per dirigersi poi risolutamente verso Roma.

Durante questa campagna sarebbe avvenuta la celebre e leggendaria apparizione della croce sovrastata dalla scritta “In hoc signo vinces” che avrebbe avvicinato Costantino al cristianesimo. Secondo il poco affidabile Eusebio di Cesarea, storico cristiano, questa apparizione avrebbe avuto luogo nei pressi di Torino.

"In hoc signo vinces" è una frase latina dal significato letterale: "con questo segno vincerai", traduzione del greco Ἐν Τούτῳ Νίκα, che letteralmente significa: "con questo vinci", senza accenni ad alcun segno. La comparsa in cielo di questa scritta accanto a una croce sarebbe uno dei segni prodigiosi che avrebbero preceduto, secondo alcuni, la battaglia di Ponte Milvio. A partire dal Rinascimento, l'episodio compare ampiamente nell'iconografia cristiana. L'episodio, avvenuto nei pressi di Torino, è raccontato soltanto nella “Vita di Costantino” in un'opera del vescovo Eusebio di Cesarea, stretto collaboratore di Costantino dal 325. Egli stesso mostra un certo scetticismo, dichiarando di credervi solo perché l'imperatore stesso glielo aveva riferito sotto giuramento.

Costantino I o il Grande,
Roma, Musei Capitolini.
Secondo il racconto di Eusebio, scritto subito dopo la morte dell'imperatore, Costantino I si orientò verso il monoteismo (senza distinguere se si trattasse del culto del Sol invictus o del cristianesimo) quando ancora si accingeva a venire a Roma per combattere contro Massenzio. Rivoltosi in preghiera alla divinità, poco dopo mezzogiorno fu testimone, lui e il suo esercito, di un evento celeste prodigioso, l'apparizione appunto di un incrocio di luci sopra il sole e della scritta "Εν Τουτῳ Νικα". Nella notte successiva, gli sarebbe apparso Cristo, ordinandogli di adottare come proprio vessillo il segno che aveva visto in cielo. Nei giorni successivi Costantino avrebbe chiamato dei sacerdoti cristiani per essere istruito sulla loro religione, il cui contenuto non gli era ancora noto. Costantino inoltre avrebbe fatto precedere le proprie truppe dal labaro imperiale con il simbolo cristiano del Chi-rho, detto anche monogramma di Cristo, formato dalle lettere XP (che sono le prime due lettere greche della parola “ΧΡΙΣΤΟΣ” cioè "Christos") sovrapposte, e sotto queste insegne i soldati sconfissero l'avversario. Poiché Eusebio non specifica il luogo in cui sarebbe avvenuto il fenomeno miracoloso, sono sorte varie leggende che lo hanno collocato in diverse parti d'Italia, da dove Costantino sarebbe passato. Una di queste, che affermava che la croce sarebbe apparsa a Costantino alla vigilia della battaglia di Torino, stagliandosi al disopra del Monte Musinè, ha fatto sì che nel 1901, sulla cima del monte stesso venisse eretta una gigantesca croce sulla quale vi è una piastra con la seguente scritta: IN HOC SIGNO VINCES - A PERPETUO RICORDO DELLA VITTORIA DEL CRISTIANESIMO CONTRO IL PAGANESIMO RIPORTATA IN VIRTÙ DELLA CROCE NELLA VALLE SOTTOSTANTE IN PRINCIPIO DEL SECOLO IV SUA MAESTÀ IL RE VITTORIO EMANUELE III MARCH. MEDICI SEN. DEL REGNO CONT. CARLO E CONT. GIULIA CAYS DI CASELETTE.

La vittoria di Costantino su Massenzio era già stata raccontata da Eusebio in un'altra sua opera, la “Storia Ecclesiastica”, scritta poco dopo i fatti, quando Eusebio non aveva ancora conosciuto Costantino e in questa opera manca qualunque evento prodigioso. La vicenda è trattata anche dallo scrittore cristiano Lattanzio, precettore dei figli di Costantino, nel “De mortibus persecutorum”, opera anch'essa scritta poco dopo i fatti dove non si menziona alcuna visione prodigiosa, ma riferisce che la notte prima della battaglia, Costantino avrebbe ricevuto in sogno l'ordine di mettere sullo scudo dei propri soldati un segnale celeste divino (coeleste signum dei), senza specificare chi avesse dato quell'ordine né quale simbolo gli fosse stato ordinato di utilizzare.
Staurogramma
Il segno concretamente utilizzato da Costantino è descritto da Lattanzio in modo poco chiaro: potrebbe trattarsi non di un Chi-rho, ma di uno staurogramma, un simbolo comunque anch'esso interpretabile come cristiano poiché ottenuto sovrapponendo due lettere greche maiuscole, tau (T) e rho (P), il cui simbolo risultante è una croce latina, in cui il braccio verticale superiore è dotato anche dell'occhiello del rho.
Vi è anche un'interpretazione pagana degli eventi. Costantino avrebbe avuto un sogno o una visione mentre visitava il tempio di Apollo-Grannus a Grand, una località sulla via da Treviri a Lione, in cui avrebbe visto tre "X" o tre corone d'alloro, promessa di un trentennio di vittorie: “Vidisti enim, credo, Constantine, Apollinem tuum comitante Victoria coronas tibi laureas afferentem quae tricenum singulae ferunt omen annorum”. Si osservi che Apollo era proprio il dio a cui Ottaviano aveva attribuito il merito della vittoria di Azio. Il panegirico sarebbe stato letto a Treviri nel 310 e descriverebbe una visione che però, sarebbe da collocarsi verso il 309 o prima, in modo che l'emissione di monete costantiniane dedicate al sole invitto, iniziata appunto in quell'anno, possa esserne interpretata come una conferma. La precisione temporale della previsione (il regno di Costantino, mai sconfitto in battaglia, durò esattamente poco più di trent'anni) induce a sospettare che si tratti di una profezia ex post; da collocarsi quindi in contemporaneità alla Vita di Costantino. La presenza di eventi prodigiosi e la discordanza fra le diverse versioni degli eventi ha portato a conclusioni contrapposte. Alcuni hanno cercato di conciliare Eusebio e Lattanzio, dando origine alla versione tradizionale, più rappresentata nell'iconografia, che colloca la visione celeste nel giorno precedente la battaglia. Altri hanno ipotizzato che la "Vita di Costantino" non sia opera di Eusebio o comunque sia stata interpolata dalla tradizione ecclesiastica. Altri ancora hanno polemizzato se la profezia cristiana fosse stata ricalcata su quella pagana o viceversa.

Nel 1948, Fritz Heiland, dello Zeiss Planetarium di Jena, (il planetario Zeiss di Jena, in Turingia, Germania, è il più antico planetario a funzionamento continuo del mondo, inaugurato il 18 luglio 1926. I pianeti e le stelle fisse sono proiettati sulla superficie interna di una cupola bianca) ha pubblicato una interpretazione della visione di Costantino, secondo lui la visione di una congiunzione planetaria. Nell'autunno del 312, tre pianeti luminosi, Marte, Saturno e Giove erano allineati fra il Capricorno e il Sagittario.
Con Vega come riferimento, dall'alto in basso le costellazioni
Cigno, Aquila, Capricorno e Sagittario. Sfondo collage di
immagini di Roberto Mura - Opera propria CC BY-SA 3.0,
da QUIQUIQUI e QUI.
La congiunzione astrale poteva essere interpretata dalle truppe come un presagio sinistro e Costantino si sarebbe inventato la leggenda cristiana per trasformare questo pericolo in un segno celeste di vittoria. Lo spettacolo celeste, a cui avrebbe assistito Costantino col suo esercito, può essere ricostruito col computer. All'ora del tramonto (alba e tramonto erano i momenti più significativi secondo gli astrologi Romani, così come per i Celti) sarebbe comparsa maestosa allo zenit la croce del Cigno. Proprio sotto di essa si trovava la costellazione dell'Aquila (simbolo di Roma e del suo esercito). Ancora più sotto, in corrispondenza della costellazione del Capricorno, la zona più a sud del cielo boreale, si trovavano allineati i principali pianeti: Venere, Giove, Saturno e Marte, le principali divinità pagane. Poco dopo il tramonto del Sole ( il Sol invictus era un'altra divinità), anche i pianeti tramontarono. Uno scenario, quindi, unico e molto simbolico, che forse potrebbe essere stato interpretato associando in qualche modo ai pianeti una lettera (i pianeti sono quattro, come le lettere della parola greca nikà, “vinci”).

Quella notte, mi sono guardato quindi quel bel segno.


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